Credits: profilo Twitter PREMA
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Una ricerca (datata 2015) condotta da Reuters negli Stati Uniti ha riferito che, per coprire una stagione di go-kart a livello nazionale per piloti di dieci anni, le famiglie hanno speso fino a 120'000 dollari. L'indagine è piuttosto datata e parla di un mercato automobilistico, quello USA, molto diverso da quello europeo, ma fornisce comunque un numero buono per muovere un'analisi più profonda. In tutta onestà la cifra non dovrebbe stupire: lo sport del motore è un'attività molto onerosa e i livelli di spesa, anche per i livelli “junior” (con cadenza continuativa), non sono paragonabili con quelli di sport...più parsimoniosi e popolari, come ad esempio il calcio.

Un paio di conti

Considerando l'andamento del denaro e le tappe forzate implicitamente imposte dall'iter FIA per il conseguimento dei punti di SuperLicenza, si stima che, oggi, una scalata senza intoppi verso la F1 per un giovane pilota dovrebbe costare intorno ai dieci milioni di dollari, suddivisi sui budget richiesti per gli anni in kart, F4, F3 e F2. Una cifra spesa per arrivare alle porte del Circus, ma che non ne garantisce l'ingresso, visto che quest'ultimo non dipende solo ed esclusivamente dal talento e si nota un tasso di abbandono tra F2 e F1 attorno al 90%.

Per fornire consistenza a quanto stiamo descrivendo, andiamo ad analizzare quanto riportato dalla stampa norvegese in merito ai costi della scalata di Dennis Hauger dai kart fino alla F2, applicando un cambio “alla buona” tra corone norvegesi ed euro, senza tenere conto delle svalutazioni annuali del denaro:

  • 2017, karting: circa 300'000 euro in totale
  • 2018, F4 britannica: circa 400'000 euro
  • 2019, F4 tedesca ed italiana: 500'000 euro
  • 2020, F3 (Hitech): 900'000 euro
  • 2021, F3 (Prema): 1'200'000 euro
  • 2022, F2 (Prema): 2'100'000 euro
  • 2023 / 2024, F2 (MP): 2'000'000 euro / stagione

I numeri qui riportati vanno considerati solo come riferimento, in quanto soggetti anche ad oscillazioni dovute alla localizzazione del campionato ed anche al livello di competitività della scuderia per cui si corre. A titolo di esempio, un kartista nostrano potrebbe spendere tra i 150'000 e i 200'000 euro all'anno per competere a livello europeo, la Formula Regional Europea (non riportata nell'elenco e paragonabile alla F4) costa tra i 400'000 e i 750'000 euro; alcuni campionati hanno dei costi fissati, ma possono presentare degli sbarramenti a piloti provenienti da altre nazioni (è l'esempio della F4 francese).

Investimenti…a fondo perduto

Mercedes dovrebbe ufficializzare Andrea Kimi Antonelli per il 2025 nel GP d'Italia, mentre Oliver Bearman correrà con Haas. Ammesso e non concesso che per l'italiano la voce sia fondata, entrambi hanno seguito tutti i passaggi obbligati di crescita, anche per quanto riguarda un iter di esborsi finanziari senza “ritorni” nelle tasche dei diretti interessati.

Fortunatamente per entrambi, Mercedes e Ferrari ne hanno appoggiato la carriera in tenera età, ma se così non fosse stato e nel caso generico in cui il percorso fosse pesato interamente sulle spalle del pilota (inteso come famiglia, sponsor, collaboratori, trasferte…), questi sarebbero stati investimenti a fondo perduto. Per capire quale sia il contributo di un programma junior, sempre stando alle fonti norvegesi, l'esborso di Red Bull nei confronti di Hauger ha coperto metà delle cifre riportate nella tabella di cui sopra, esborso la cui portata in generale dipende dal livello di “investimento” che il programma junior intende applicare sul prospect.

L'ingresso in F1 (o in generale in un campionato di altissimo livello) dovrebbe coincidere con il momento in cui un pilota incomincia a guadagnare uno stipendio. Parlando dell'ovvio, sappiamo che in F1 un contratto lega un pilota e una scuderia per un determinato periodo di tempo a fronte di un determinato ammontare di denaro. Per certi versi, quanto accade nel Circus è assimilabile a quello che succede in ambiti lavorativi meno…"speciali". Il lavoratore (il pilota), in cambio della retribuzione, si impegna a prestare la propria opera lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto (la scuderia).

Le basi sono comuni, ma la contrattualistica applicata ai piloti di F1 è sui generis, ovvero ben distante da quella che può essere l'esperienza comune. Negli ultimi anni sono pressoché spariti dalla circolazione nel Circus i piloti con la valigia, ovvero coloro che, nella realtà dei fatti, “compravano” un sedile in F1 per un certo numero di GP alla stregua di un giro di giostra. Per quanto al giorno d'oggi i piloti impegnati nel Circus percepiscano tutti uno stipendio, risulta chiaro come gli esordienti (ma non solo) spesso necessitino di avere una spinta alle spalle che ne agevoli l'ingresso o con logiche di “do ut des” (per esempio chi proviene da programmi junior e finisce in una “Scuderia B”) o con coperture da parte di sponsor o accordi commerciali.

Vale la pena notare che non esiste un formato o un set di regole prestabilite su come sia strutturato un contratto di un pilota di F1 (a parte, ovviamente, la legge contrattuale applicabile nel paese di origine), quindi c'è spazio per molta variazione. Il campo ristretto di applicazione rende questo ancora più vero, poiché ogni contratto è fondamentalmente un accordo su misura negoziato solo per la combinazione specifica pilota e team su un intervallo temporale.

Il club dei figli dei miliardari

Va sottolineato che la firma dei piloti non è regolamentata dallo sport (FIA e/o FOM), come succede in alcuni sport di squadra americani. Spetta alle scuderie e ai piloti redigere i propri contratti nel momento che ritengono più opportuno. Messa in questi termini, risulta piuttosto evidente quanto la leva contrattuale esercitata da piloti e scuderie porti alla definizione di accordi parecchio differenti tra loro, in quanto le due parti in causa possono avere una forza differente nel mettere nero su bianco condizioni che vadano a garantire maggiore tutela per l'una o per l'altra parte.

Nyck De Vries, a metà campionato 2023 è stato ad esempio rimpiazzato dall'oggi al domani nella Scuderia AlphaTauri senza colpo ferire. Possiamo azzardare che il belga (non proveniente da programmi junior Red Bull, con un solo GP di F1 alle spalle e senza particolari “spinte” esterne) in sede contrattuale abbia accettato delle condizioni di uscita piuttosto “semplici”, che ne hanno decretato la repentina fuoriuscita. Agli antipodi possiamo tracciare la storia del tormentato rapporto tra Mick Schumacher e Haas nel 2022: per quanto la scuderia avesse stigmatizzato pubblicamente l'oneroso…conto del meccanico, non esistevano le condizioni per scindere l'accordo anzitempo.

La F1 e l'automobilismo professionistico intero sono davvero diventati il “club dei figli dei miliardari”? I vari organismi impegnati nell'organizzazione dei campionati dovrebbero muovere delle azioni per calmierare la situazione? Probabilmente l'automobilismo (e la F1 su tutte le altre Serie) è sempre stato un ambito piuttosto oneroso, ma negli ultimi anni l'impegno finanziario richiesto è aumentato in crescita esponenziale. Ma fino a quando potrà essere così?

Luca Colombo