F1 | GP Abu Dhabi: sotto le luci del deserto va in scena la gara degli addii
L'ultimo giorno di scuola. E' sempre un po' questo il sentimento che si respira ad Abu Dhabi; quel misto di liberazione dalle fatiche di tutto l'anno dopo 21 - lunghi - weekend di gara e la nostalgia di impacchettare tutto per mesi tre e riparlarne sul serio solo a Barcellona a fine febbraio e a Melbourne poi un paio di settimane dopo. Si chiude una stagione a due facce: Ferrari competitiva ma sconfitta, Hamilton perfetto e Vettel molto falloso, Raikkonen sornione capace di qualche acuto, Bottas mai veramente splendente di luce propria ma abile nel suo lavoro di gregario a servizio della squadra.
Non sarà facile un bilancio dell'annata che si andrà a chiudere. La SF71-H è stata - senza grossi dubbi - molto competitiva (forse superiore alla Mercedes) per due terzi di stagione. Fino a Monza ha dato del filo da torcere alla concorrenza creando non pochi grattacapi ai rivali. I quali però hanno reagito alla grande con uno sviluppo alla distanza solido ed efficiente, coadiuvato dal soluzioni al limite come i mozzi forati, ma comunque inarrestabile e che ha permesso la permesso la doppia cinquina. Hamilton e la Mercedes hanno infatti conquistato ognuno il quinto titolo mondiale che per ciascuno di loro significa entrare nell'olimpo di questo sport e dare la caccia con decisione ai record della Ferrari, considerati irraggiungibili e di colpo pericolosamente a rischio. Per gli uomini in rosso sarà un punto di ripartenza e riflessione: la consapevolezza della bontà progettuale della SF71-H deve essere stimolo e pietra angolare per il nuovo progetto. La freddezza nelle decisioni e la fame di vincere andranno registrate e ritrovate in attesa del debutto in Australia.
E' stato inoltre il mondiale del dibattito più aspro legato al ruolo - o all'interferenza se preferite - della Pirelli e della Fia sul risultato della competizione. Il battistrada ribassato che il gommista milanese ha introdotto in alcuni appuntamenti da Barcellona in poi ha fatto discutere e riversare fiumi di inchiostro in merito a presunti "aiutini" a favore della Mercedes; così come la Federazione non è stata immune da critiche feroci per le penalità inflitte ai piloti nel corso dell'anno così come decisioni tecniche più o meno discusse. La mancata penalizzazione ad Hamilton in Brasile e la presa di posizione netta che ancora non è arrivata sui mozzi forati della Mercedes sono sono gli ultimi silenzi che stanno facendo ancora molto molto rumore.
E poi sarà la gara degli addii. Due su tutti. Fernando Alonso abbandona la Formula 1 dopo una gloriosa carriera ricca di soddisfazioni e tanti rimpianti. 314 presenze, 32 vittorie, due titoli mondiali e una parentesi alla Ferrari che rimarrà nei cuori degli appassionati per la grinta e l'agonismo mostrato in due annate magiche come il 2010 e il 2012 in cui solo per un soffio è mancata la consacrazione al volante della Rossa. Mancherà il talento dello spagnolo; mancherà vederlo ancora leone e in un confronto con i campioni di oggi: Hamilton, Vettel, Verstappen, Leclerc. Mancherà il suo sorriso e la sua espressività colorita e senza peli sulla lingua.
Sarà l'ultima volta anche di Kimi Raikkonen al volante della Ferrari, 8 anni ricchi di successi con la soddisfazione di essere ancora l'unico campione del mondo in rosso. Undici stagioni sono trascorse da quell'ultimo meraviglioso e sofferto titolo iridato, undici dolorosi campionati che i tifosi hanno assimilato e sopportato per esplodere nella gioia di un'ultima affermazione in rosso occorsa ad Austin, Texas un mese fa. Non si ritirerà i finlandese ma per due anni ancora correrà per la Sauber, facendo spazio in Ferrari a Cherles Leclerc (campione di domani?) e affiancherà Antonio Giovinazzi. Anche per il nostro talento di Martina Franca sarà l'ultima gara da spettatore prima dell'esordio a tempo pieno nel 2019, così come Robert Kubica, annunciato titolare in Willams, anche per lui un meraviglioso e romantico ritorno a coronamento di una vicenda umana di rara tenacia.
Stefano De Nicolo'