F1 | Red Bull a lezione di giapponese
La casa francese, partita con il piede sbagliato sin dal 2014 (anno di introduzione dei motori ibridi), ha cercato con fatica di trovare cavalli, mettendo spesso a repentaglio l’affidabilità. A farne le spese, sono stati soprattutto gli uomini Red Bull, che provenivano da un ciclo di vittorie impressionante e che hanno mal digerito il passo indietro compiuto dai motori V8 aspirati verso le nuove PU ibride. Nel 2016, dopo aver cercato invano una motorizzazione alternativa, il team quattro volte campione del mondo si è visto costretto a montare nuovamente PU Renault, sotto l’egida del marchio Tag-Heuer, sancendo una separazione in casa, che non è ancora stata sanata nonostante i decisi miglioramenti apportati dal costruttore sia in termini di prestazioni che di affidabilità.
La Honda, invece, entra nell’era PU nel 2015, con un anno di ritardo rispetto alle concorrenti e come fornitore esclusivo per McLaren. L’ormai famoso “make history”, altisonante dichiarazione d’intenti della compagine di Woking, si è rivelato un boomerang mediatico senza precedenti. La casa giapponese, infatti, ha dovuto fare i conti con gravissimi problemi di potenza ed affidabilità, che hanno relegato lo storico marchio inglese a fanalino di coda delle classifiche degli ultimi anni. Gli sforzi ingenti dei nipponici, però, non hanno prodotto risultati, tanto che la McLaren a fine stagione 2017 ha deciso di passare a Renault, con la convinzione che il problema del pacchetto McLaren-Honda stesse tutto nella motorizzazione.
La FIA, spettatrice attiva della diatriba tra motoristi e team clienti, ha cercato in tutti i modi di mantenere in vita il progetto Honda. In sostanza, il messaggio FIA è stato: ”Se voi della Red Bull non volete più Renault e voi di McLaren non volete più Honda, posto che vogliamo che Honda resti nel mondiale di F1, voi di MaLaren passate a Renault e voi di Red Bull provate a montare i vostri motori sulla Toro Rosso”.
E siamo al mondiale in corso. Dopo sette gare disputate, l’affidabilità Honda sembra aver trovato la giusta direzione con soli 3 ritiri, al pari dei motori Renault montati sulla McLaren. Stesso dicasi delle prestazioni: le top speed di domenica scorsa, a Montreal, una pista di motore, indicano una sostanziale parità tra l’ultima evoluzione della PU Honda (334 km/h) e quella dei rivali francesi (335 km/h).
Al momento, dunque, pare che chi abbia guadagnato di più dallo switch di motori sia la casa madre Red Bull che, potendo contare sulle informazioni del team di Faenza, ha tutti gli elementi per scegliere tra Honda e Renault, con il montante pressing della casa della losanga, che non vorrebbe perdere il top team (che costituisce un punto di riferimento per il team ufficiale francese). Renault, quindi, seppur con un evidente malcontento, continua a concedere proroghe alla decisione da parte del team anglo-austriaco, ma risulta evidente che a Milton Keynes siano sempre più intenzionati a scommettere sui motori Honda ed essere trattati da team “ufficiale”. Per Honda si tratterebbe di un impegno decisivo per il proprio futuro in F1, dal momento che, dopo il flop con McLaren, non possono permettersi una seconda campagna fallimentare, in vista dell’entrata in vigore del nuovo regolamento tecnico del 2021. Se, come si dice in giro, la fornitura dovesse essere gratuita per entrambi i team dell'azienda di bevande energetiche, si risolverebbe anche l'attuale impasse del title sponsor Aston Martin che campeggia sulle ali della RB14.
Michele Bertolini