F1 | Riflessioni post-messicane: in cerca della credibilità smarrita
Il chiaro riferimento è soprattutto alla lotta tra Sebastian Vettel e Daniel Ricciardo avvenuta nel corso del penultimo giro di gara. Un duello genuino, maschio, “cazzuto”, di quelli che servono all’attuale classe regina del motorsport per scrollarsi di dosso l’etichetta di “Formula Noia” che gli è stata affibbiata già da qualche tempo da alcuni appassionati. Invece no: il tedesco è stato penalizzato con un'incredibile sanzione di 10 secondi per la manovra di difesa nei confronti della Red Bull numero 3, considerata «potenzialmente pericolosa vista la vicinanza tra le ruote delle due monoposto».
Un discorso a parte meriterebbe invece lo sfogo di Vettel avuto via radio nei confronti di Charlie Whiting al termine della gara. D’accordo l’adrenalina del momento e l’arrabbiatura (giustificata) nei confronti di Max Verstappen, ma bisogna mantenere il self control anche in situazioni estreme. Senza sorvolare sull’aspetto etico, visto che tanti piloti sono idoli e modelli di numerosi ragazzi. Un fattore non certo trascurabile e secondario.
Tornando alla pista e alle decisioni disciplinari, la domanda dunque sorge spontanea: il triumvirato giudicante di Città del Messico ha ben chiaro cosa sia un duello ruota a ruota? Non dimentichiamolo, esso rappresenta l’essenza di questo sport. Non ci può essere Formula Uno senza sano spettacolo e battaglie in pista. L’attuale Direzione Gara che avrebbe fatto se si fosse trovata nel 1979 a Digione, osservando il duello (da manuale) che oppose Gilles Villeneuve e René Arnoux? Sarebbero stati condannati entrambi al 41 bis? Un po' come se nel calcio venissero abolite le reti. Che partite vedremmo? La risposta è pressoché chiara e scontata…
Continuando a parlare di duelli in pista, non si può non citare anche Max Verstappen. Talento puro l’olandesino che, purtroppo, non eccelle ancora dal punto di vista della correttezza. Varie volte, nel corso della stagione, il figlio di Jos è stato autore di difese ben oltre il limite (una su tutte quella su Kimi Raikkonen, con un doppio cambio di traiettoria sul velocissimo rettilineo del Kemmel a Spa) senza mai essere messo sotto investigazione. La Direzione Gara ha dato così l'impressione a Verstappen che nell’attuale Formula Uno tutto tutto sia lecito, arginabile dal punto di vista disciplinare. Ma dopo averla fatta franca diverse volte, proprio a Città del Messico la Race Direction – forse facendo una somma dei precedenti episodi che hanno visto protagonista il giovane pilota della Red Bull – ha deciso di sanzionare Verstappen, ma...come? Con una ridicola sanzione di 5” per aver tagliato la chicane mentre era in battaglia con Vettel (il quale ha subito il doppio della penalità), sorvolando invece sul contatto ad inizio gara tra lo stesso olandese e Nico Rosberg, che poteva costare caro al tedesco della Mercedes in lotta per il titolo col compagno di squadra Lewis Hamilton.
Decisioni che hanno sollevato ancora una volta l’interrogativo sulla reale capacità dei componenti chiamati a giudicare nei vari appuntamenti della stagione, i quali spesso provengono da paesi dove la cultura e la tradizione motoristica sono pressoché nulle.
Le varie scelte prese in Messico sono solamente le ultime di una lunga serie, con la Direzione Gara che da qualche anno a questa parte è caduta – dispiace dirlo – sempre più nel ridicolo, con alcune situazioni decisamente imbarazzanti venutesi a creare.
Come non ricordare l’ultima edizione della gara coreana di Yeongam (stagione 2013), dove una jeep dei vigili del fuoco fece le veci della Safety Car, entrando senza preavviso in pista (le bandiere gialle vennero inoltre sventolate tardivamente) e scatenando grande stupore nel leader di gara Sebastian Vettel – all’epoca in Red Bull – che vide all’improvviso concretizzarsi dinnanzi a sé quel mezzo pesante?
Oppure il Gran Premio di Germania del 2014, disputato ad Hockenheim, quando la Sauber di Adrian Sutil rimase ferma sul rettifilo principale, senza che nessuno prendesse una decisione precisa in merito? Sarebbe stato giusto fare entrare in pista la Safety Car, invece la monoposto del team svizzero venne spostata a mano dai commissari in regime di bandiera gialla.
Il 2014, purtroppo, porta alla mente naturalmente anche quella grigia e piovosa prima domenica di ottobre dove a Suzuka Jules Bianchi fu vittima di un assurdo scontro con un trattore, entrato a bordo pista per rimuovere la Sauber di Sutil. L’inchiesta interna condotta dalla FIA scaricò poi la colpa dell’accaduto al pilota della Marussia, reo di non aver rallentato nel tratto di pista incriminato. Una versione che non ha mai convinto la famiglia del compianto Jules, la quale continua a lottare in tutte le sedi affinché venga a galla la completa verità sull’accaduto.
A seguito di quell’assurdo episodio, la Federazione ha deciso di introdurre in Formula Uno la Virtual Safety Car per congelare la gara in un determinato settore della pista in caso di pericolo, con i piloti chiamati così a conservare una velocità di percorrenza costante per il tratto “incriminato”. Il risultato di questa new entry? La risposta è sotto gli occhi di tutti: in molti casi i distacchi in regime di VSC variano sensibilmente rispetto alla situazione precedente, con i piloti che interpretano questa situazione di “congelamento” a proprio piacimento.
Questi citati sono solo alcuni esempi che purtroppo rasentano la mancanza di lucidità evidenziata in determinate situazioni da parte della Direzione Gara da un lato, nonché la mancanza di equità di giudizio tra manovre identiche commesse da piloti differenti dall'altro. Un antico adagio recita che al peggio non c’è mai fine. Speriamo invece che lo “show” andato in scena in quel di Città del Messico sia stata l’ultima pagina da censurare dalla Formula Uno contemporanea. Serve un cambio di rotta immediato per non doversi ritrovare nel prossimo futuro nel punto di non ritorno.
Piero Ladisa