Nati con la passione del motorsport che scorre nelle loro vene sin da giovanissima età, Pedro e Ricardo iniziano a cimentarsi con il mondo delle competizioni dapprima in bicicletta e successivamente in moto dove inseriscono i propri nomi sull’albo d’oro dei campioni nazionali messicani. Dalle due alle quattro ruote il passo è breve: Pedro infatti debutta a bordo della Ferrari nella gara di Nassau (1957); mentre Ricardo nello stesso anno su una Porsche vince la gara della categoria di appartenenza a Riverside, trionfando poi nel Nassau Tourist Trophy.

Successivamente i due sono protagonisti di alcune gare con la NART, la scuderia fondata dall’italo-americano Luigi Chinetti, dove trionfano in coppia nella 1000 km di Parigi (1962) a bordo della Ferrari 250 GTO.

Tra i due Rodriguez, il primo a compiere il grande salto verso l’universo chiamato Formula Uno è Ricardo. Ingaggiato nel 1961 dalla Ferrari, diventa per l’epoca il pilota più giovane a debuttare nel Circus (19 anni e 208 giorni). La prima uscita ufficiale avviene a Monza, con un sorprendente secondo tempo in qualifica, davanti alla prima delle Ferrari gemelle guidata da Wolfgang von Trips. In gara Ricardo è costretto al ritiro, a causa di un problema alla pompa di benzina; sorte peggiore tocca purtroppo a von Trips che trova la morte insieme a 14 spettatori. Nel 1962 il giovane messicano diventa pilota ufficiale, anche se Enzo Ferrari – a causa del carattere particolare – lo manda in pista in maniera oculata in virtù anche della sua età. In quell'annata è uno dei piloti vincitori, assieme a Olivier Gendebien e Willy Mairesse, della Targa Florio con la Ferrari 246 SP. 

Alla vigilia dell’appuntamento di Città del Messico, la Ferrari decide di dissertare l’evento non valido ai fini iridati. Per non saltare la gara di casa, Ricardo si accorda con la scuderia di Rob Walker guidando una delle Lotus a disposizione del team. Ma è protagonista, nel primo giorno di prove, di un gravissimo incidente all’altezza della velocissima curva della Peraltada (oggi sostituita dalla zona dello stadio), dove la sua monoposto prende fuoco carbonizzando il giovane Ricardo. Una morte improvvisa, un’assurda fatalità nel destino di un ragazzo dotato di un enorme talento considerato dalla critica un futuro campione del mondo.

La tragedia occorsa a Ricardo non ferma Pedro (deciso in un primo momento a cessare la sua attività di pilota) che inizia la sua avventura in Formula Uno nel 1963, dopo la conquista del Mondiale Marche a Daytona. Le sue apparizioni nella top class sono però sporadiche, almeno ad inizio carriera, ma non per questo non ricche di soddisfazioni. Come ad esempio le vittorie conseguite in Cooper e BRM, rispettivamente a Kyalami (1967) e Spa (1970), condite anche da vari podi. Dotato di un’incredibilità sensibilità sul bagnato, Pedro è considerato come uno dei piloti più versatili della sua era, come dimostrano le partecipazioni a diverse categorie motoristiche. Tra cui spicca la 24 Ore di Le Mans del 1968, a cui prende parte al posto dell’infortunato Jacky Ickx, che vince in coppia Lucien Bianchi guidando la Ford GT40.

Anche a Pedro, purtroppo, il destino riserva un amaro conto. L’11 luglio 1971 è infatti vittima di un incidente sul circuito cittadino di Norimberga, a bordo della Ferrari 512 nella gara valida per l’Interserie. La vettura prende fuoco, dopo aver impattato contro il muro rialzato posto prima della Schöller-S, non lasciando scampo al povero messicano. Una morte simile, nelle fattezze, a quella del fratello Ricardo. 

Profondamente scaramantico, qualche mese prima del nefasto incidente, in un aeroporto americano, Pedro perde un anello che portava sempre al dito in ricordo del fratello scomparso. Sostituito con una copia pressoché identica, esterna però alla stampa tutto il suo malessere per la perdita dell’originale. Sensazione, quella avvertita dal più grande dei fratelli Rodriguez, che si rivelò profetica… 

Piero Ladisa