F1 | GP Stati Uniti: il focus sulla gara ad Austin
E storia fu: sul circuito delle Americhe vince Bottas, ma è Hamilton, giungendo secondo, a diventare leggenda. L’inglese porta a casa il sesto sigillo iridato, onoreficenza che lo proietta di diritto alla casella numero 2 dei plurititolati della massima categoria automobilistica. Weekend da dimenticare, invece, per la Ferrari, alle prese con una delle “solite” domeniche piene di problemi ed errori, che costringono Vettel al ritiro e Leclerc giù dal podio.
Ferrari in crisi dal via: sin dai primi metri di gara si capisce che il weekend non è destinato a tingersi di rosso. In quattro curve Sebastian perde una manata di posizioni, lamentando inspiegabili problemi di sottosterzo ed una macchina incontrollabile nonostante non vi fosse stato alcun contatto con altri. Da lì a poco si verificherà un cedimento strutturale della sospensione posteriore destra, che porterà al ritiro della Rossa numero 5 e forse sono riconducibili a questo le strane sensazioni di Seb al volante. Non molto meglio la performance di Leclerc, il quale, dopo un primo giro aggressivo, si rende subito conto di non avere assolutamente il passo nemmeno per pensare di seguire gli avversari. Anche il box ci metterà del suo inceppandosi, “come quasi sempre ormai”, durante il pit del monegasco. Ma dato che il distacco al traguardo è di ben 52 secondi, l’errore dei meccanici diventa superfluo e passa inosservato. Quarto posto finale per Charles, in un weekend nella mediocrità per un team che spera di confrontarsi con la corazzata Mercedes.
Vince Bottas, seguito da Hamilton e Verstappen: dopo la pole del sabato e una resa in gara impeccabile, la vittoria domenicale la porta a casa il finlandese vestito d’argento. Valtteri nei saliscendi texani si dimostra impeccabile, non dando mai vere possibilità agli avversari di tentare un attacco. Anche se, per dirla tutta, a parità di strategia è difficile stabilire con certezza se Hamilton non fosse in grado di lottare per il gradino più alto del podio. Dietro la corazzata di Stoccarda troviamo il solito e solido Verstappen, a dimostrazione che fin dove la macchina glielo consente, lui raccoglie sempre il massimo possibile. E’ pur vero però che l’ottima resa di Albon dimostra come la Red Bull sia in assoluta crescita, anche se l’onestà ci fa dire che il figlio di Jos sia fatto di pasta ben superiore.
Onore a King Lewis! Smarcato il resoconto su quanto successo nelle posizioni top ad Austin, è il momento di celebrare colui che sta sbriciolando l’intero paddock di Formula Uno: re Lewis Hamilton. L’inglese negli States porta a casa la sesta corona, ad una sola lunghezza dall’uomo che nella categoria ha preso di diritto il ruolo di Imperatore: Michael Schumacher. Con meno presenze mondiali rispetto al Kaiser, il mostro numerato col 44 ha già strappato di violenza il record di pole position all’imperatore di Kerpen. E ora non solo si trova vicino ai 7 titoli impossibili, ma sta addirittura per eguagliare quello che fino a un paio d’anni fa sembrava essere il primato più inavvicinabile, ovvero le 91 vittorie in carriera. Lewis, ad oggi, si trova già a quota 83 e l’età ancora fresca del re nero fa pensare che ben presto anche questa casella verrà flaggata. Con i soli numeri, però, ci rendiamo conto che è difficile riuscire davvero ad immedesimarsi in quello che sta combinando Hamilton nella massima categoria automobilistica. Per capire meglio infatti, proviamo per un attimo a tornare indietro nel tempo e cimentarci negli stati d’animo dei tempi che furono. Pensiamo ad esempio a quando Senna vinse il terzo mondiale, eguagliando una ristretta elìte di nomi blasonati. Sembrava impensabile avere così tanti allori, dando per scontato che i 5 titoli di Fangio appartenevano a tempi diversi che non potevano essere paragonati e quindi eguagliati. Quando poi Prost portò a casa il quarto titolo, sembrava un miracolo da riportare in una nuova versione della Bibbia. E proprio quest’ultimo record durò oltre una decade, fin quando l’era d’oro di Schumacher distrusse tutte le certezze del passato, proiettandosi nel mito. Dopo quasi 60 anni di Formula Uno i numeri del tedesco erano inimmaginabili e raggiungere certe vette era poco meno che impossibile. E ad oggi, quante facce, quanti campioni, quanti talenti e quante promesse si sono susseguiti sulle monoposto che negli anni hanno gareggiato in Formula Uno? Quanti di loro sono riusciti a confrontarsi davvero non coi titoli di Schumacher, ma quantomeno con i 4 mondiali di Prost? E’ servita un’eternità per trovare quel Vettel, riuscito nell’impresa di raggiungere il “Professore”, e se con la mente rammentiamo quanto sembrava impossibile ciò che aveva fatto Sebastian, che valore assumono oggi i 6 sigilli di Hamilton che, in 70 anni di storia, Schumacher a parte, nessun altro essere umano è riuscito a raggiungere? Onore a te Hamilton. Sei ufficialmente nella leggenda. E te lo meriti.
Daniel Limardi