Nigel Mansell F1
Credits: Di Stuart Seeger - https://www.flickr.com/photos/stuseeger/202558636/, CC BY 2.0

La storia della F1 presenta pochissime annate che richiedono un complicato livello di lettura come il 1994. Il Circus è ancora in una fase di grandeur, con “selezione all'ingresso” per le ventisei monoposto al via, eppure i regolamenti vengono riscritti per evitare un dominio incontrastato di Ayrton Senna con la Williams, ovvero il pilota migliore sulla piazza al volante della monoposto più veloce del lotto.

Un destino già scritto?

Quello che sembrava un destino già scritto, il ritorno del mondiale nelle mani del brasiliano (titolo che manca dal 1991), veniva inizialmente sovvertito dall'esito delle prime due gare in campionato, con un perentorio venti a zero a favore di Michael Schumacher su Benetton, e poi completamente stravolto dal GP a Imola, risultato fatale proprio al paulista.

Una delle frasi più inflazionate dell'epoca era “the show must go on” e il concetto assumeva una forma tangibile sia per la scuderia Williams che per il Circus stesso. La scuderia, all'epoca localizzata in quel di Didcot, doveva cercare un sostituto del brasiliano, con la sgradevole prospettiva di offrire il sedile di un pilota deceduto, chissà quanto sopraffatto o tradito dalla monoposto stessa.

Frank Williams ha giocato tutte le carte ragionevolmente possibili per sostituire degnamente Senna, cercando di dare nelle mani migliori il volante di una monoposto, la Williams - Renault FW16, veloce, ma ostica, così da non favorire il sopravvento di Michael Schumacher con la Benetton - Ford B194. Patron Frank aveva contattato Riccardo Patrese, ma il padovano non se la sentiva di “giocare con il destino”, e allora aveva provato la carta del promettente Heinz-Harald Frentzen, il quale aveva rifiutato in segno di gratitudine verso Peter Sauber.

E poi arriva Bernie

La ragionevolezza aveva spinto l'entourage inglese a scegliere per il giovane collaudatore della scuderia, David Coulthard, che perlomeno già conosceva la monoposto. Contemporaneamente aveva però mosso i suoi passi anche il Supremo: Bernie Ecclestone, preoccupato dei valori mediatici in possibile calo vista l'assenza (dopo Imola) di campioni del mondo in pista, di un pericoloso dominio del duo Schumacher - Benetton e della qualità di una rivalità con Damon Hill, sapeva dove andare a bussare.

Negli USA, infatti, correva il Campione del Mondo 1992: Nigel Mansell, ormai quarantenne, aveva chiuso malissimo i rapporti con Williams e il Circus alla fine del 1992, eppure rappresentava ancora il migliore “colpo di teatro” possibile per portare una nota positiva in uno sport alle prese con una delle sue pagine più nere. Ecclestone aveva mosso le sue pedine dietro le quinte, come ricorda Nigel Mansell stesso:

“Non andrò nei dettagli, ma all'epoca avevo quattro o cinque contratti negli USA ed ero molto contento di stare negli Stati Uniti a difendere il titolo o, quantomeno, a provarci. (…) [Bernie, ndR] fece delle trattative miracolose a porte chiuse, che non riesco nemmeno ad immaginare. Comprò tutti i miei contratti negli USA e mi riportò in F1”.

Nonostante il Leone d'Inghilterra dichiarerà una grande sfida psicologica guidare la monoposto di un pilota (Ayrton Senna, tra l'altro) deceduto guidandola, il britannico e Williams avevano già tracciato una strada verso il debutto in estate, al GP di Francia (la prima gara libera da impegni coincidenti con l'IndyCar), con un test in quel di Brands Hatch. Ricorda Mansell:

“Abbiamo fatto un test a Brands Hatch dove non c'era nessuno. Nel giro di un'ora le gradinate si sono riempite di decine di migliaia di tifosi”.

L'accordo aveva funzionato per la Williams perché la FW16 risultava problematica da assettare, quindi la vasta esperienza di Mansell avrebbe potuto aiutare ad identificare una configurazione opportuna. Inoltre, la folla aggiuntiva che Nigel avrebbe attirato durante la sua gara di ritorno, il Gran Premio di Francia, aveva allettato la Renault. Il risultato stava prendendo la forma di uno stipendio faraonico per Nigel mentre il titolare, Damon Hill, percepiva una frazione di quella cifra.

Magny-Cours

Nelle qualifiche del GP di Francia (disputato il 3 luglio 1994), Hill otteneva la pole position staccando di 77 millesimi Mansell; Damon osserverà che “quella è stata la prima volta che ho dato tutto per ottenere la pole”. La gara del Leone d'Inghilterra, però, durava poco più di quaranta giri, con un ritiro per noie tecniche. Da lì in poi, Nigel (che scendeva in pista con il…red two), si farà rivedere solo per le tre gare finali, dati gli impegni con l'IndyCar.

Il contributo di Mansell in Francia aveva fatto sì che Hill, come affermerà in seguito, ottenesse rispetto e supporto interno, visto che Nigel aveva approvato l'assetto di Damon. Quest'ultimo aveva poi chiesto a David Brown, l'ingegnere chiave della Williams che aveva assistito Mansell e Prost nei loro campionati, di lavorare sulla propria vettura, piuttosto che sulla Williams numero 2, muovendo intelligentemente le sue pedine per il proseguimento del campionato.

Mansell tuttavia aveva molta ruggine da togliere: le partenze da fermo, l'utilizzo del cambio al volante e i regolari voli avanti e indietro dalla casa negli USA non avevano restituito il giusto valore del pilota. Inoltre, doveva destreggiarsi per impressionare abbastanza la Williams per assicurarsi un rinnovo contrattuale in F1 con loro, senza danneggiare la sfida al titolo di Hill. Per Nigel non arriverà il rinnovo e il 1995 lo vedrà in McLaren.

Soddisfazioni…in barba ai poteri forti

Eppure nel fugace ritorno con Williams rimaneva un'ultima soddisfazione nel GP d'Australia, quello passato alla storia per il contatto…mondiale tra Schumacher e Hill. Per lui il sabato aveva portato la pole-position, ma per la domenica il programma doveva essere un altro. Mansell dichiarerà:

"Mi è stato detto un sacco di cose dai poteri forti. 'Non farai parte di questa gara, non partire bene, guarda la gara, non interferire...' Quindi deliberatamente non ho fatto una buona partenza e mi sono seduto lì e ho guardato."

Con i due contendenti al titolo fuori per collisione, Nigel Mansell riusciva a portare a casa un trionfo insperato che mette una ciliegina sulla torta di una carriera di un pilota ancora oggi molto amato. E chiude il cerchio di una storia d'estate che ha visto il suo finale più dolce in autunno.

Luca Colombo