MotoGP | Perché il 2024 può legittimare la nuova generazione di piloti
Rossi, Stoner, Pedrosa, Lorenzo, Márquez: questi nomi sono sempre considerati come il top dei top degli ultimi 20 anni della MotoGP. Con tutto il rispetto per altri grandi del Mondiale come, tra cui piloti del calibro di Biaggi, Capirossi. E quindi perché il 2024 può essere la grande occasione per Bagnaia, Martin & co. di legittimare la loro forza agli occhi degli scettici?
Quando si parla di MotoGP, emerge sempre un confronto con il passato che tende a sminuire quanto di buono il parco piloti odierno della Classe Regina sta facendo. In psicologia, questo fenomeno è definito come "retrospettiva rosea": essa non è solo nostalgia del passato, ma è anche una svalutazione del presente. E perché si tende a valutare negativamente l'attuale era della MotoGP? Perché non si tende a legittimare i successi di Bagnaia ed invece ad utilizzare ancora Stoner come punto di riferimento per la Ducati? Come mai Martin, Bezzecchi, Binder, Quartararo & company non scaldano ancora al meglio i cuori dei tifosi, nonostante un 2023 chiuso con quasi 3 milioni di presenze in pista? Perché è uso comune mantenere come riferimento la generazione "dei fantastici 4"?
I FANTASTICI 4 HANNO SEGNATO UN'ERA
Sicuramente - e non c'è dubbio - l'era dei 'Fantastici 4' è stata straordinaria. Rossi, Lorenzo, Pedrosa e Stoner (poi sostituito da Márquez) hanno regalato spettacolo per anni e fissato l'asticella molto in alto. Valentino ha reso la MotoGP uno sport globale. Stoner e Lorenzo hanno rappresentato gli antagonisti perfetti. Casey un talento grezzo e spettacolare, capace di riuscire nell'impresa di rendere vincente la scorbutica Ducati di Preziosi. Jorge, invece, un robot dal punto di vista della guida. Pedrosa, invece, è stato - al pari di Biaggi e Capirossi, per citarne due - il fenomeno al quale è mancata la corona iridata. Nomi che hanno segnato un'era e che sono il riferimento e l'ispirazione dei protagonisti di oggi. Piloti di cui si guardano ancora oggi le gesta in pista.
LA NIDIATA D'ORO DEL 2019
Dall'altra parte, negli ultimi anni la griglia ha subito un grosso cambiamento. La nuova generazione ha approfittato del vuoto di potere per prendersi il trono. Dal 2020, il primo anno dal ritiro di Jorge Lorenzo e la stagione persa da Márquez per infortunio, i piloti che hanno debuttato in MotoGP nel 2019 hanno monopolizzato il campionato. Bagnaia, Quartararo, Mir e Oliveira hanno conquistato, dal loro debutto, 4 titoli iridati, 35 vittorie, 86 podi e 35 pole position in 91 gare. Numeri importanti e che dovrebbero, da soli, legittimare una nuova generazione rafforzata dall'arrivo di Binder, Martin, Bastianini e Bezzecchi e della quale Bagnaia è il riferimento con 18 vittorie, 18 pole position e 35 podi in 86 gare. Ma se facciamo il conteggio delle vittorie, dietro Bagnaia c'è Márquez, con 15 vittorie, 24 podi e 12 pole in 61 gare dal 2019 ad oggi.
MARC MÁRQUEZ IL PUNTO DI UNIONE TRA LE DUE GENERAZIONI
E proprio Marc Márquez è il punto di unione tra la vecchia generazione dei Rossi, Lorenzo e Pedrosa e la nuova dei Bagnaia, Quartararo e Martin. E avere un Márquez competitivo e capace di mettere alla prova i "nuovi" riferimenti può permettere alla nuova nidiata di piloti di legittimarsi agli occhi degli appassionati. Piloti che hanno avuto la "colpa" di inserirsi nel vuoto di potere arrivato dopo Jerez 2020. Per non leggere più di un Bagnaia capace di vincere solo perché ha la Ducati, per vedere Quartararo riportare in alto la Yamaha, senza dimenticare i fenomeni degli anni dopo, come Martin, Bastianini, Binder e Bezzecchi. Per diventare nuovi modelli e nuovi riferimenti nei confronti di coloro che in futuro arriveranno in MotoGP. Esattamente come fecero Lorenzo e Stoner al cospetto di Rossi, e come fece Márquez al cospetto di Rossi e del maiorchino. Il 2024 sarà una stagione chiave per la nuova generazione: nell'intento di mantenere il comando del Mondo dagli assalti del "vecchio" Re, e andare oltre i numeri per rendersi immortali agli occhi di appassionati sempre più esigenti.
Mattia Fundarò