Alfa Romeo e Formula 1: storia di un amore destinato a rifiorire?
Nella consueta conferenza stampa pre-natalizia in casa Ferrari, Sergio Marchionne ha lanciato l’affascinante possibilità di un ritorno dell’Alfa Romeo nel mondo della Formula 1 come scuderia rivale del Cavallino: un'ipotesi ha scatenato la nostalgia dei tifosi del Biscione. L’Alfa Romeo vanta due storie diverse nella massima categoria. La prima fatta di successi e di un ritiro immediato dal Circus dopo appena due anni e due titoli piloti conquistati, mentre la seconda parla di un ritorno deludente senza nemmeno una vittoria. Ma andiamo a ripercorrere l'avventura della scuderia Alfa Romeo in Formula 1: la storia di un mito.
Quando la Federazione Internazionale organizza il suo primo Mondiale di Formula 1, l’Alfa Romeo decide di partecipare schierando l’Alfa Romeo 158 conosciuta come “Alfetta” e schiera come piloti l’italiano Giuseppe Farina, Luigi Fagioli (classe 1898) e il pilota argentino Juan Manuel Fangio. L’Alfa nella sua prima stagione si aggiudica 6 dei 7 Gran Premi della prima edizione del Mondiale, insieme a cinque pole position e cinque giri veloci, con Nino Farina che diventa il primo campione del mondo della storia.
Anche nella stagione seguente l’Alfa Romeo impone il proprio dominio, conquistando quattro vittorie, ma soprattutto con Juan Manuel Fangio che si aggiudica il suo primo titolo iridato in Formula 1. Al termine di questa stagione, però, l’Alfa decide di ritirarsi dal Circus con effetto immediato, a causa del ritiro dei fondi da parte dell'IRI che ne finanziava il progetto.
All'inizio degli anni '60, la Casa di Arese torna nuovamente in Formula 1 come fornitore di motori per alcune scuderie minori quali LDS, Cooper e De Tomaso. Nel decennio successivo l'Alfa Romeo fornisce un V8 che viene montato nella prima stagione sulla McLaren di Andrea de Adamich e nel 1971 sulla March dello stesso pilota, ma entrambe le esperienze si rivelano un fallimento totale.
Dopo questo passo falso, l'Alfa Romeo stipula un contratto con Bernie Ecclestone, allora proprietario della Brabham. I motori progettati da Carlo Chiti erano dei boxer a 12 cilindri e producevano una potenza di 510 bhp, ma avevano due importanti difetti: il consumo eccessivo di carburante e le dimensioni eccessivamente voluminose. Nella prima stagione della collaborazione, la Brabham ottiene solo nove punti. L'annata più importante si ha però nel 1978, quando Niki Lauda vince nel Gran Premio di Svezia con la BT46B detta "Fan car" per il ventilatore che monta nel retrotreno; un successo che precede anche la conquista del Gran Premio d'Italia con la BT46. La stagione 1979 è l'ultima di questa collaborazione, ma i motori V12 denotano dei problemi di scarsa affidabilità e la Brabham ottiene solo tre piazzamenti a punti.
L'Alfa Romeo intanto si preparava al suo ritorno da costruttore in Formula 1 e Bruno Giacomelli porta la nuova 177 al debutto nel Gran Premio del Belgio del 1979. La successiva 179 debutta nello stesso anno nel Gran Premio di Monza, mentre in pista viene schierata anche la 177 guidata da Vittorio Brambilla per l'ultima volta. L'Alfa Romeo termina le sue prime gare senza conquistare punti.
L'Alfa 179 viene rivista per la stagione 1980, con la scuderia che riesce a trovare anche come sponsorizzazione la Marlboro Italia. Il team schiera Giacomelli e Patrick Depailler, con il pilota italiano che riesce a conquistare i primi punti della squadra con il quinto posto in Argentina. L'Alfa Romeo deve però fare i conti con la tragedia di Depailler, che perde la vita durante dei test privati sul circuito di Hockenheim nel mese di agosto: il francese è prima sostituito da Vittorio Brambilla e nelle ultime due gare della stagione da Andrea de Cesaris. Intanto, Giacomelli arriva quinto nel GP di Germania ed ottiene la pole position nel Gran Premio degli Stati Uniti, riuscendo a mantenere la testa della gara prima di ritirarsi.
Giacomelli rimane anche per la stagione 1981 e, al suo fianco, l'Alfa Romeo schiera Mario Andretti. Entrambi i piloti guidano la 179 nella sua evoluzione "C". La prima parte della stagione si rivela deludente per la squadra italiana che ottiene solo un quarto posto nel Gran Premio d'Argentina con Mario Andretti. A metà stagione, il team recluta l'ingegnere francese Gerard Ducarouge e il suo lavoro rende la monoposto molto più competitiva, con Giacomelli che conquista il terzo posto a Las Vegas, ultima gara della stagione.
Per la stagione 1982, Ducarouge progetta la 182 e come piloti l'Alfa Romeo schiera ancora Giacomelli insieme a De Cesaris. Il romano riesce a conquistare un terzo posto a Monaco ed il sesto in Canada, mentre Giacomelli riesce ad andare a punti solo con un quinto posto in Germania.
Per la stagione 1983 viene realizzata la 183T, una versione aggiornata della 182, dotata di motore V8 turbo Alfa Romeo e di un fondo piatto in linea con le nuove normative volte a contrastare l'effetto suolo. De Cesaris rimane nella scuderia, mentre Mauro Baldi sostituisce Giacomelli, passato alla Toleman. La squadra conduce una buona stagione, segnando due secondi posti con De Cesaris nel Gran Premio di Germania e nel Gran Premio del Sud Africa.
L'annata 1984 vede l'Alfa Romeo schierare due nuovi piloti: Eddie Cheever e Riccardo Patrese, con il padovano che riesce ad ottenere il terzo posto nel Gran Premio d'Italia, oltre ad altri due piazzamenti a punti. Il 1985 si rivela un vero disastro per la scuderia, che non riesce a totalizzare neanche un punto e decide di ritirarsi nuovamente dalle competizioni motoristiche.
Per quanto riguarda i motori, l'Alfa Romeo prosegue in qualità di fornitore all'Osella dal 1983 al 1988. Nell'ultimo anno della collaborazione, il Biscione vieta all'Osella di utilizzare la denominazione "Alfa Romeo", per evitare la cattiva pubblicità che la piccola scuderia portava alla casa italiana con i suoi scarsi risultati. I motori utilizzati dalla piccola scuderia vengono per queste ragioni rinominati "Osella V8”. Un nuovo motore avrebbe dovuto equipaggiare la Ligier, ma l'acquisto dell'Alfa Romeo da parte della Fiat interrompe il progetto, consentendo solo alla Ferrari di rappresentare il marchio in F1. Almeno fino a questa stagione, quando il glorioso logo Alfa Romeo ricompare sulla livrea della SF15-T. Solo una trovata di marketing o il preludio ad una nuova avventura?
Chiara Zaffarano